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E’ tempo di bilanci scolastici

AUTRICE: Dott.ssa Ludovica Turchetti

FONTE: Club delle Mamme -MAMMA MAG- (magazine) in data 28/10/2018

E’ tempo di bilanci scolastici, con il periodo prefestivo e lo scoppiare del Natale si avvicina il momento della consegna della fatidica pagella.
Lavoro da tanti anni con bambini e adolescenti in età scolare, supporto loro e i loro genitori attraverso tecniche strumentali di apprendimento accompagnate regolarmente da consapevolizzazioni più intime.
Purtroppo ancora oggi tanti genitori ritrovano nel voto il riflesso del figlio, voto uguale figlio.
E’ giusto desiderare per il proprio figlio successo, benessere e felicità, ma non è l’insieme di tanti numeri a portarlo verso la dimensione ideale che ogni genitore vorrebbe per la propria creatura.
Il mio lavoro si basa costantemente su di un’unica grande verità: alla base di ogni apprendimento esiste sempre un investimento affettivo, il bambino dà se si sente addosso una dimensione affettiva limpida e rigenerante, altrimenti rigetta.
Il desiderio di costruire una strada solida e produttiva sulla persona del figlio puo’ diventare automaticamente pura aspettativa, purtroppo spesso nella sua connotazione più avvilente.
L’aspettativa puo’ rappresentare il principio di un’ansia generale, l’affanno è nemico di ogni apprendimento; il genitore costituisce così un’immagine ideale del figlio, ovvero quello che vorrebbe per lui, felicità e successo.
Oltretutto il genitore si identifica con il bambino, vorrebbe compensare con ciò che lui in passato non è stato magari in grado di raggiungere, appesantendolo di compiti duri e gravosi.
Non è meno importante la componente narcisistica: se il voto è buono sono un bravo genitore, se non è buono ho fallito nella mia mansione educativa più stretta.
La società altamente prestazionale in cui viviamo ci porta a mostrare, etichettare, classificare senza mai trovare un limite, ricercando costantemente un valore in ciò che si fa e non in ciò che si e’.
Il fallimento umano non costituisce un passaggio inevitabile verso la crescita, ma un termine irrimediabile.
Suggerisco sempre ai genitori che non hanno ancora interiorizzato questi concetti base di riflettere su quello che desiderano per i propri figli, la frustrazione o la serenità.
Dal momento in cui hanno compreso il loro scopo, procediamo insieme verso la strada della tecnica logopedica, il mio lavoro, ossia l’insieme delle strategie che permettono al bambino di apprendere profondamente investendo in maniera affettiva.
La motivazione sta alla base della regolazione di ogni comportamento, il bambino si avvicina alla strada dell’apprendimento se tutto quello che gli ruota intorno gli trasmette armonia e intesa.
La tecnica strumentale logopedica costituisce una struttura esecutiva che entra in funzione solo se la predisposizione emotiva della famiglia e della scuola risulta essere fruttuosa, altrimenti puo’ delineare una perdita di tempo e di energie.
Gli adulti di riferimento che ruotano attorno al bambino, ossia genitori, insegnanti ed eventuali specialisti, dovrebbero trovare il modo di insegnare senza obbligare, la costrizione scolastica riporta a una pena al limite con il castigo.
Di seguito riporto uno stralcio di “I Programmi Didattici del 1955” (una datata, ma valida riforma scolastica alla quale ancora oggi tanti addetti ai lavori si riferiscono): “Scopo essenziale della scuola non è tanto quello di impartire un complesso determinato di nozioni, quanto di comunicare al fanciullo la gioia ed il gusto di fare da sé, perché ne conservi l’abito oltre i confini della scuola, per tutta la vita”.
Trovo che queste parole siano meravigliose e, se ricordate, farebbero del momento della consegna della pagella una parentesi solo orientativa, non lo scopo.
Apprendere significa -amore del sapere-, quindi a mio avviso l’apprendimento non puo’ essere alimentato se l’attenzione primaria è volta al voto di tutti i giorni e alla pagella finale.
Tuttavia, non si puo’ non considerare che trasmettere gioia e coinvolgimento verso una lezione verosimilmente noiosa sia estremamente difficile, quasi un’impresa disperata.
Purtroppo maturare atteggiamenti positivi nei confronti dell’azione dell’imparare non è sufficiente, infatti la metodica didattica ha ormai radici profonde e applicare ogni buon proposito nell’ attività scolastica di tutti i giorni risulta quasi impensabile.
Il compito dell’insegnante, del genitore e dello specialista specifico se necessario, non è quello di spiegare, ma è quello di suscitare il proposito, o meglio il desiderio di imparare l’argomento.
È necessario che gli studenti abbiano la determinazione di imparare, la volontà libera e mai forzata.
I bambini e i ragazzi sono naturalmente portati ad apprendere, ciò che li spinge verso l’apprendimento è la curiosità.
Il nostro compito è quello di risvegliarla e di mantenerla viva il più a lungo possibile.
La delusione di un genitore davanti a un bilancio, per antonomasia la pagella, non solo spegne lo stimolo, ma anche la motivazione e soprattutto la curiosità innata (faccio riferimento all’epoca dei PERCHE’: perché il sole è giallo? Perché la terra è tonda?).
La scuola impone un tipo di istruzione statica, quasi “sintetica”, il dovere degli adulti di riferimento è quello di renderla maggiormente attraente.
Il nostro compito è quello di organizzare le nostre attività, supporti e aiuti, secondo uno schema che predisponga i ragazzi a domande effettive, alla necessità di apprendere, di capire e di conoscere sempre di più.
La domanda di un bambino non è mai stupida, come purtroppo troppo spesso sento, poiché puo’ rappresentare in ogni sua forma e valenza il passo verso la domanda successiva.
Un modo per mantenere costantemente viva la curiosità puo’ essere quello di non soddisfarla mai pienamente, di lasciare in sospeso un dubbio, un pensiero, un quesito.
L’ideale e’ creare un terreno aperto a lungo termine, lasciare che la domanda di base alimenti quella successiva.
Se fermiamo l’attenzione sui contenuti appena espressi, come l’apprendimento, la motivazione, la curiosità, la pagella puo’ risultare solo un pezzo di carta numerato e firmato.
Sarebbe meraviglioso se tutti noi adulti cominciassimo a pensare che il compito più impegnativo è proprio il nostro, con questo importante presupposto avremmo risultati impensabili e bilanci emozionanti.
Purtroppo invece la tendenza e’ quella di responsabilizzare i bambini che invece spesso si trovano a galleggiare, o ad annegare, su di una sostanza povera e arida.
Il bilancio scolastico non è un risultato ultimo, ma un delicato passaggio da intravedere insieme con garbo, delicatezza e rispetto.
Il compito grande è il nostro.

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