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Le emozioni del bambino e l’apprendimento

AUTRICE: Dott.ssa Ludovica Turchetti

 

Le emozioni sono grandi protagoniste della vita di ognuno di noi.

Permettono di aprirsi alle relazioni con il mondo. L’emozione scuote, fa uscire, smuove.

Le emozioni sono transitorie, mentre i sentimenti durano più a lungo. Le emozioni aiutano i sentimenti a compattarsi, a prendere forma, ad esempio, se si prova un senso di dispiacere il sentimento della delusione potrà sedimentare più a lungo termine.

In questo modo le emozioni e i sentimenti possono influenzare il pensiero e il comportamento di ognuno di noi.

L’emozione rappresenta il frutto di uno stimolo ambientale, mentre il sentimento rappresenta il risultato di un’emozione sedimentata attraverso l’esperienza.

L’emozione puo’ cambiarci su tre livelli: quello fisiologico, quello comportamentale e quello psicologico.

Il cambiamento fisiologico ci fa respirare con affanno se abbiamo paura, quello comportamentale ci fa cambiare il tono della voce se proviamo tenerezza, mentre quello psicologico fa alterare le nostre abilità cognitive più intime, alterando il controllo che abbiamo su noi stessi.

Le emozioni accadono all’improvviso, senza preavvisi particolari, non possono essere né scelte, né regolate, ci fanno gioire o soffrire attraverso modalità sempre diverse e possono essere miste ad altre.

Sono alla base dei nostri comportamenti, formano la nostra identità, condizionando il nostro pensiero e le nostre scelte.

Si può dire che ogni scelta consapevole, quindi razionale, racchiuda delle componenti emotive di base quindi, in un certo senso, ragione ed emozione non rappresentano affatto due poli opposti, anzi.

Questo è il motivo per cui le emozioni e l’apprendimento sono strettamente correlati.

L’intelligenza e la capacità di ragionare non sono i soli elementi che condizionano la sedimentazione dell’apprendimento, questo quindi non significa che un bambino intelligente debba inevitabilmente aver successo a scuola, non è un’equivalenza.

Le emozioni contribuiscono in maniera viva ai successi nell’apprendimento scolastico e purtroppo questo concetto sfugge spesso agli addetti ai lavori che evitano la sfera più emozionale classificandola come dimensione di disturbo.

Il calcolo delle emozioni rispetto al singolo bambino diventa spesso elemento di intralcio senza il quale il giudizio può essere oggettivo, quello soggettivo richiede maggiore tempo, cura e senso del rispetto.

Il clima, i tempi e i modi della scuola a volte non permettono la considerazione piena del singolo allievo, fatto di emozioni proprie e profonde, elementi basilari ai fini di un apprendimento che funzioni.

L’emozione del bambino condiziona il processo di apprendimento nel momento in cui lo si pone nella posizione di decidere e di formulare i suoi pensieri.

Lo rende libero di esporsi, di uscire, di sviscerare, altrimenti il nulla.

Chi deve imparare ha in sé la fusione tra la cognizione e la sfera emozionale.

Lo studente, grande o piccolo che sia, che scopre con curiosità un certo argomento non faticherà ad impararlo, mentre lo studente costretto a studiare ciò che non lo coinvolge emotivamente non imparerà, o perlomeno imparerà a breve termine e perderà i dati molto presto.

La rappresentazione mentale del nuovo apprendimento è il frutto di uno schema buono e colorato, fatto di belle e profonde emozioni.

L’intelligenza emotiva porta il bambino a trovare un equilibrio tra stati emotivi positivi e negativi, facendo una selezione tra ciò che interessa e ciò che non interessa.

L’insegnamento emozionale dovrebbe sostituire l’insegnamento freddo e arido, composto da nozioni statiche e vecchie, unite a comunicazioni monotone.

Il vero apprendimento non è condizionamento e interiorizzazione passiva dei dati scolastici, ma è il risultato di un’attivazione delle emozioni miste al dato cognitivo.

Il bambino che apprende veramente regala all’adulto un atto di fiducia, ossia sceglie di entrare in una dimensione che ancora non conosce, perché l’adulto gli ha trasmesso delle buone e belle emozioni.

L’insuccesso scolastico è perlopiù condizionato dalla posizione fallimentare dell’adulto di riferimento, mentre oggigiorno il percorso fallimentare dello studente viene correlato alle sue personali capacità, errore madornale.

Lo studente ricorda e immagazzina le nozioni quando viene coinvolto emotivamente e quando ha la certezza che quel dato docente abbia fiducia in lui, solo in questo modo si crea un legame per cui lo scambio affettivo diventa un successo e una conquista.

Le attuali modalità operative didattiche spesso non implicano la componente emozionale, per questo motivo l’Italia rappresenta purtroppo uno degli stati in cui l’abbandono scolastico sta prendendo sempre più forma.

La didattica dovrebbe avere come scopo principe quello di considerare il bambino nella sua completezza fatta soprattutto del suo sviluppo emozionale.

Le emozioni diventano una risorsa fondamentale ai fini di un apprendimento fruttuoso, vanno riconosciute e valorizzate.

Solo in questo modo la formazione scolastica di un bambino diventa dimensione umana creando una partecipazione viva e serena portatrice di un terreno altrettanto efficace, ai fini di buone e solide relazioni tra bambino e adulto e bambino e coetaneo.

Il dialogo, il senso di fiducia e il coinvolgimento dovrebbero rappresentare ambiti ormai interiorizzati e applicati.

Solo in questo modo la via verso l’interesse e l’energia buona può risultare aperta e pienamente produttiva.

 

 

 

 

 

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